Come mai ha scelto di diventare osteopata lei che viene da una cultura medica?
Tanti anni fa, ormai sono più di venticinque anni, un mio collega che già aveva abbracciato questa disciplina mi chiese se volevo intraprendere anch’io questo percorso.
Che cosa successe?
Folgorato sulla via di Damasco! Non rinnego nulla dei miei anni di studio, della Laurea in Medicina e Chirurgia, della Specializzazione in Reumatologia che rappresentano per me una solida base clinica nell’affrontare le problematiche del paziente, anzi, proprio in conformità a questo percorso, promuoverei che le scuole di osteopatia siano potenziate.
In che senso?
Vede, per arrivare a esercitare la professione medica c’è stato un iter ben preciso con esami superati sia da un punto di vista teorico che pratica. Penso all’anatomia, alla fisiologia, alla biochimica, microbiologia ecc., discipline che hanno bisogno di molta pratica in laboratori ben organizzati. Sono le basi su cui poggia tutto un contenuto clinico. Vanno potenziati questi aspetti perché non possiamo immaginare di imparare l’anatomia a memoria ma occorrono ore e ore di pratica, di esercitazione sul cadavere e così per il laboratorio sia di microbiologia che di biochimica ecc.
E allora?
Chi vuol fare l’osteopata dovrebbe seguire un percorso parallelo allo studente di medicina, in strutture pubbliche, con esami sostenuti da un corpo docente vincitore di concorso, con i laboratori a disposizione, con la possibilità di promuovere o bocciare indipendentemente dalla frequenza. I costi di queste scuole sono ingenti, tanto vale preparare gli studenti a dovere senza creare i “se” e i “ma” della classe medica o dei fisioterapisti puri. Capisco che è un obiettivo ambizioso, ma visto il pullulare delle scuole di osteopatia su tutto il territorio nazionale converrebbe scommettere un po’ di più su questa disciplina.
Cosa le ha dato in più questa disciplina olistica?
Qui vorrei riprendere ciò che hanno detto degli illustri personaggi che non appartengono al mondo della medicina ma che, secondo me, hanno dato molto proprio per il metodo che hanno adottato nell’osservazione della realtà. Quando verso la fine dell’ottocento non si conosceva ancora l’esistenza del pianeta Nettuno, i fisici di quel tempo ripetutamente andavano a misurare la massa gravitazionale e vedevano dai loro calcoli che mancava qualcosa cui non riuscivano a dare concretezza. Attraverso quest’approccio dinamico, avevano previsto l’esistenza di un pianeta ed è con questo metodo e con questa semplificazione dinamica che si possono comprendere molti fenomeni. Al contrario delle scuole a insegnamento classico, l’osteopatia ha una forte connotazione nell’esaminare i fenomeni da un punto di vista dinamico. La scienza ha fatto dei grossi passi in avanti passando da una visione descrittiva della natura a una visione dinamica andando a privilegiare le leggi di formazione che governano la natura. Non è più possibile isolare una struttura molecolare, agire su di essa indipendentemente da tutte le altre. Non possiamo trascurare che l’azione su una determinata struttura molecolare abbia un effetto del tutto irrilevante sulle strutture molecolari delle altre parti dell’organismo. Ecco che viene fuori una conoscenza olistica del corpo umano.
Di che cosa si occupa l’osteopata?
Lo scopo fondamentale dell’incontro tra l’osteopata e il paziente è ovviamente incentrato sulla risoluzione delle problematiche che quest’ultimo espone da un punto di vista fisico ma anche psichico quando è portato alla luce come rilevante dal paziente stesso (pensiamo a tutte le malattie psicosomatiche). Il concetto di guarigione è stato sempre al centro delle dispute tra i vari operatori sanitari che s’impegnano ad attuare le metodiche di trattamento da loro apprese per ottenere un risultato: la scomparsa dei sintomi. Non è così, bisogna curare la persona nella sua globalità perché il sintomo può essere la manifestazione di una causa distante dalla zona riferita, per cui trattando la vera causa si può evitare che si ripresenti all’infinito la sintomatologia. Si deve prestare la massima attenzione eseguendo una buona semeiotica osteopatica. Struttura e funzione sono strettamente correlate e l’alterazione di questo equilibrio può far perdere una corretta mobilità e quindi creare, in una zona del corpo, una disfunzione osteopatica. L’organismo tenderà sempre a compensare qualunque insulto esterno, è una prerogativa del corpo umano. Dopo anni, possono venire alla nostra osservazione pazienti che non riescono a collegare l’evento traumatico passato con la situazione attuale e allora mostrano queste analisi perfette, dove tutti gli apparati, da un punto di vista biochimico sono nella “norma”, ma lamentano qualcosa che non va, un dolore che li perseguita, di cui nessuno ha mai saputo interpretare la causa perché, forse, in maniera riduzionista ci si è soffermati sulla singola particolarità del sintomo e non si è avuto, per tanti motivi, il tempo di ascoltare il paziente. Il campo d’azione dell’osteopata abbraccia un vasto numero di patologie e qui le posso dire i sintomi per cui i pazienti si recano nel mio studio: cefalea, cervicalgia da artrosi, vertigini, dolori alla spalla per periartrite scapoloomerale, lombalgia, sciatalgia da ernia discale, dolori alle anche per coxartrosi, pubalgia, otiti, sinusiti, oltre che asimmetrie craniche dei bambini e malocclusioni ecc. Posso dire che l’osteopata, con le armi a disposizione che sono veramente tante, specialmente dopo anni di esperienza e con la sensibilità che gli è propria, può fare veramente la differenza rispetto a un trattamento diciamo “classico”.
Perché c’è un po’ di riluttanza nei confronti della figura professionale dell’osteopata?
Forse per quello che dicevamo prima, poi c’è un grande vuoto legislativo che si è creato attorno a questa disciplina e non trascurabile un linguaggio che non sempre è strettamente scientifico. Nessuno capirebbe mai cos’è “respiro di vita come fluido dentro i fluidi” se non un ristretto cerchio di addetti ai lavori.
Lei ha parlato dell’intervento dell’osteopata in una moltitudine di patologie e diciamo che non c’è una persona che non soffra di artrosi o abbia avuto un episodio di lombalgia, ma come fa osteopata a mettere in atto una correzione o a sollecitare l’autocorrezione dell’organismo?
Bella domanda! Noi dividiamo l’osteopatia, da un punto di vista didattico, in due settori d’intervento: la biomeccanica e la biodinamica. Io non le farò la storia di tutto quello che riguarda l’una e l’altra branca, ma vorrei rilevare quello che mi ha colpito di più e le citerò Andrew Taylor Still (1828-1917), quindi parliamo proprio degli albori per questa disciplina, che ricordava ai suoi studenti di “rimuovere con gentilezza le costruzioni meccaniche al libero fluire dei fluidi vitali: sangue, linfa e fluido cerebrospinale”. E’ evidente che si pone l’accento su “trattare con gentilezza” e mi lasci dire che molti pazienti sono prevenuti perché hanno sentito che l’osteopata fa scrosciare le articolazioni o addirittura sono trattati con manovre molto violente. In modo definitivo diciamo che quella non è osteopatia, sarà qualunque altra cosa ma non di certo questa disciplina. Chiuso l’inciso, se dovessi farle un paragone per una disfunzione osteopatica, le chiederei di visualizzare una barca a vela che, vento in poppa, naviga inclinata, di un certo numero di gradi, sul pelo dell’acqua costringendo gli occupanti ad andare dal lato opposto per tirare le sartie impedendo alla barca di ribaltarsi. Immagini che queste persone siano paragonabili ai muscoli del nostro organismo e la barca, ad esempio, a una vertebra. La prima cosa che vediamo è che le persone compiono un lavoro solo da una parte dell’imbarcazione e quindi c’è uno sbilanciamento (disfunzione osteopatica) e la barca essendo inclinata usura, se dovesse mantenere la posizione per un lungo periodo di tempo, più una fiancata rispetto all’altra proprio perché si esercitano pressioni diverse. Questo è quello che accade nel nostro organismo quando c’è una disfunzione, i muscoli da una parte sono contratti, le articolazioni subiscono pressioni o trazioni eccessive ecc.. L’osteopata deve riportare il tutto in una condizione di equilibrio per consentire alla struttura di lavorare con un minor dispendio energetico che si traduce in una buona irrorazione, in un ottimo funzionamento biochimico, nell’azzeramento della sintomatologia.
E per la biodinamica?
Qui il discorso diventa un po’ più articolato e vado per concetti senza entrare nei dettagli. Dobbiamo risalire a Jealous (1943) che adottò il termine di biodinamica agli studi dell’embriologo Erich Blechschmidt che evidenziò come nella funzione embrionale questo moto fluidico possa plasmare una forma che precede una struttura. Si parla di “moto fluidico” e quindi di qualcosa che ha a che vedere con l’acqua che come sappiamo costituisce il 70% in peso del nostro corpo e il 99% in concentrazione molare. I biologi hanno considerato finora quasi tutti i componenti importanti della materia vivente tranne due: l’acqua e i campi elettromagnetici. L’acqua del nostro organismo ha eguali proprietà dell’acqua che esce dal rubinetto? No, una parte delle molecole d’acqua quando formano interrelazione intermolecolare sono diverse dalle molecole d’acqua isolate. Giusto per ricordarlo, se volessimo strappare un elettrone a una molecola d’acqua isolata (quella del rubinetto) ci vorrebbero 12,6 eV che corrisponde a un’energia notevolissima (tipo quella emessa dai raggi X). Si è visto sperimentalmente che le molecole d’acqua vicino alle membrane che costituiscono il nostro organismo più facilmente dando via elettroni proprio perché, queste, sono organizzate in domini di coerenza. Quando le molecole d’acqua eccedono una certa soglia di numero per unità di volume, quindi una soglia di densità, oscillano tra uno stato gli elettroni che sono molto legati e uno stato in cui gli elettroni sono quasi liberi. L’instaurazione della coerenza in un sistema fisico apre la possibilità del suo automovimento. Diminuisce il numero dei gradi di libertà (entropia) per avere un effetto come di un corpo di ballo dove le molecole d’acqua, nel dominio di coerenza, ballano all’unisono fra i due stati generando un campo elettromagnetico che avrà una sua frequenza e una sua lunghezza d’onda. Tanti domini di coerenza diventano coerenti fra loro creando una vera e propria gerarchia. Allora ci chiediamo quando un essere vivente funziona bene? Quando la gerarchia funziona bene, nel senso che, l’energia che io do a un certo livello, va ad alimentare tutti i livelli di coerenza sia in ordine verticale che orizzontale. Se partiamo dal basso poiché i domini di coerenza hanno un’energia infinitesima, io devo dare un’energia infinitesima. Dovete sempre avere presente che l’organismo è fatto da un’infinità di superfici che sono una vicina all’altra e quindi si crea una percorrenza dei campi elettromagnetici. Che cosa succede se a un essere vivente do una grande energia? Vuol dire che posso alimentare soltanto i livelli intermedi di energia, quelli corrispondenti all’energia (frequenza) che gli ho dato, quelli che stanno al di sotto non sono alimentati ed ho fatto un lavoro inutile. Supponiamo che io ecciti energeticamente il sistema muscolare, la persona farà circolare energia a livello dei muscoli ma poco si ripercuoterà a livello delle molecole, per cui esercitando i muscoli, le sensazioni di rabbia verranno eliminate ma il cancro gli può venire ugualmente. Se si deve fare pulizia, bisogna agire nel profondo per cui è necessario passare da una dimensione orizzontale a una verticale. Se io do una piccolissima quantità di energia i domini di coerenza in basso la accumulalo e cominciano a oscillare, poi loro faranno oscillare i livelli superiori e se questo minimo stimolo dura un po’ di tempo io avrò che una grande energia caotica viene sommata e produce una grande energia coerente. Siamo passati da un contenuto energetico entropico a uno sintropico. Ecco una prima regola, non servono movimenti eclatanti dell’osteopata che, con fare disinvolto, fa scrosciare le articolazioni dando, forse, un apparente benessere senza andare in profondità. Certamente andando in profondità si fa una pulizia del sommerso rimuovendo le tante cose che si sono depositate nel tempo con una possibile riacutizzazione della sintomatologia ma con tanto giovamento per il futuro del paziente.
Qual è il ruolo dell’osteopata?
Questo è un discorso molto delicato perché è sempre il contatto con un terapeuta che si suppone essere in un buon equilibrio psicofisico. Si potrebbe aprire un discorso su cosa dovrebbe fare il terapeuta per stare in buone condizioni ma non è il caso perché ci vorrebbe troppo tempo. Comunque il terapeuta si pone in posizione di ascolto rispetto al paziente, ci sono delle posizioni che deve mantenere per un certo periodo (delle volte occorre molto tempo), il paziente deve raggiungere, se può, la massima serenità e di abbandono muscolare indispensabili per permettere di avvertire ciò che sta accadendo nel suo organismo. In che cosa consiste l’abilità dell’osteopata? La capacità del terapeuta è di andare ad aiutare quei processi di autoregolazione e autoriparazione dell’organismo, innati, che fanno parte della capacità di automovimento che abbiamo visto essere governata dall’esistenza di un regime coerente. È una pratica che va allenata negli anni, che permette di raggiungere degli obiettivi duraturi, che io preferisco perché mi stabilizza il paziente.
Lei è anche omeopata?
Anche in questa disciplina sono stato fortunato perché ho incontrato un professore di Milano, veramente molto in gamba, che mi ha trasmesso la passione per l’omeopatia che tuttora coltivo. Non mi chieda di approfondire gli innumerevoli aspetti di quest’affascinante disciplina perché ci porterebbe troppo lontano, verso l’analisi delle strutture dissipative che richiedono veramente molto tempo con il rischio alla fine di annoiare. Io mi fermo qui in questa piacevole chiacchierata, rimandando il tutto, per chi vuole, alla sezione concessa a tutti i pazienti che vogliono porre dei quesiti sia personali sia inerenti a queste discipline.
Prima di salutarla e ringraziarla per la sua cortesia, volevo chiederle se la sua disponibilità, anche se confermata da molte persone quì a L’Aquila, non le sembra eccessiva, addirittura mettendo a disposizione consulenze gratuite?
No…le consulenze non sono visite osteopatiche che richiderebbero molto tempo, ma sono delle risposte semplici, comprensibili, che chiarificano il quadro al paziente mettendolo sulla buona strada, senza fargli perdere tempo utile. Piccole cose giuste. E poi, se mi permette, a questa città, a L’Aquila, devo molto, sono un appassionato della sua storia.